Si è aperta il 6 aprile la quarantottesima edizione del Vinitaly: più di 100 mila metri quadrati di superficie espositiva, 4.100 espositori ed operatori stranieri provenienti da 120 Paesi diversi. Questi sono solo alcuni dei significativi numeri dell’attesissimo salone internazionale dei vini e dei distillati che, dal 1967, si tiene a Verona presso l’area Veronafiere.

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Nel corso di questa importante esposizione, l’ISMEA, Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, ha presentato uno studio sul posizionamento dell’Italia sulla scena internazionale del commercio di vino. Il Tricolore mantiene la sua leadership come primo fornitore mondiale in termini quantitativi, con una quota del 21% sul mercato internazionale e un saldo positivo all’estero di oltre 5 miliardi di euro. «È avvenuto il cosiddetto sorpasso: esportiamo più vino, di quanto ne beviamo entro i confini nazionali», ha detto all’inaugurazione Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo.

Nonostante in termini di valore le esportazioni francesi siano più complessivamente più elevate, l’Italia conserva la posizione di leader nel mercato statunitense e tedesco, sia in volume che in valore. Insieme al Regno Unito, Stati Uniti e Germania si configurano come maggiori importatori di vino: è  interessante sottolineare il fatto che due delle più influenti potenze economiche del mondo scelgano il consumo di vini italiani.

A ridosso dei tre grandi importatori mondiali, Russia e Cina, che continuano ad aumentare la spesa nazionale in vino e mosti. Negli ultimi sette anni l’import cinese si è decuplicato: dai 500 mila ettolitri del 2006, ai quattro milioni degli ultimi trimestri, anche se i flussi d’importazione maggiori provengono da Australia e Cile.

Per il mercato italiano le potenzialità più promettenti si concentrano nell’Europa dell’Est, i cui Paesi comunitari e non hanno aumentato significativamente la domanda di vino, raggiungendo percentuali notevoli (+255% in Ungheria).

Leggere un articolo che elenca numeri e statistiche può risultare estremamente noioso, ma non in questo caso: questi dati sono fondamentali e rappresentano il successo del  posizionamento del made in Italy a livello globale, un interesse prioritario per il nostro Paese, che nel settore agroalimentare rappresenta un marchio di qualità ed eccellenza insostituibile.

È dunque auspicabile insistere in questa direzione, migliorando l’efficacia del sistema nazionale nel  suo complesso in termini di promozione e marketing, superando la frammentazione degli investimenti.

Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole, ambientali e forestali, ha annunciato che i fondi pubblici destinati al vino nel quinquennio 2014/2018 ammonteranno a 1,685 miliardi di euro: il 30% per la promozione e il restante per il rinnovamento dei vigneti. Inoltre, è stato sottolineato il tema del vino a Expo 2015, soffermandosi sul ruolo chiave delle fiere di settore. L’incremento della presenza di produttori esteri a Vinitaly è un segnale che testimonia come l’organizzazione potrebbe divenire uno show del vino mondiale, a cui tutti i più noti buyer internazionali dovranno partecipare.

Al di là dei numeri, ogni anno gli amanti del vino attendono con ansia quest’appuntamento immancabile, che in quattro giorni offre rassegne, degustazioni, workshop e convegni, anche se la parte più interessante rimane l’incontro diretto con le cantine espositrici: godersi il piacere di un bicchiere a contatto con i suoi produttori, conoscere un vino mai assaggiato, magari di una cantina minore e scoprire un amore sconfinato. Lo dice anche lo slogan dell’evento: Vinitaly, another love story in Verona.

Mirella Prandelli

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